La mappa per Pétur ruota attorno ai ricordi dell’infanzia del narratore, trascorsa in un villaggio sulla riva del lago; attraverso un linguaggio che a tratti suggerisce l’impasto lessicale proprio dei giochi, tra l’italiano, il dialetto e l’inglese derivato da telefilm e fumetti d’avventura, viene ricostruito l’ambiente in cui i bambini si trovavano a crescere agli inizi degli anni Sessanta. Il racconto non procede tuttavia seguendo il filo temporale ma attraverso una struttura originale e complessa, che intreccia componenti diverse tra loro.

Copertina La mappa per PéturInnanzitutto i ricordi sono raggruppati e ordinati attorno a nuclei tematici che corrispondono a luoghi e ambienti topici dell’infanzia: il bosco e gli orti del gioco, la casa e la famiglia, la scuola e la chiesa,… a cui sono dedicati i dieci capitoli di cui è composto il testo.
A questa prima dimensione memorialistica se ne aggiunge poi una seconda, anticipata dal titolo (e suggerita dal disegno della copertina), che pone al centro una vera e propria mappa che il protagonista traccia, capitolo dopo capitolo, ricostruendo il tessuto dei propri ricordi. Se è proprio della memoria fondere spazi, tempi ed emozioni in una dimensione immaginativa simile a quella dei sogni, nella mappa non ci si dovrà tuttavia aspettare di riconoscere i luoghi geografici di oggi, o come erano allora, ma di vedere costituirsi l’universo personale del protagonista, con tutte le sue particolarità.
Troviamo poi un terzo filone narrativo, che a sua volta contribuisce a moltiplicare le prospettive: il racconto del passato avviene all’interno del dialogo del protagonista con Pétur, il personaggio in qualche modo misterioso che compare fin dal titolo come destinatario della mappa. Ed è il rapporto con lo straniero venuto dal Nord, portatore di visioni esistenziali e ricordi diversi, ad ampliare gli orizzonti all’interno dei quali si dipana la memoria del narratore.
Ma ancora non basta: una quarta dimensione della trama segue la curiosità per il linguaggio che caratterizza le scoperte infantili sviluppando, in modo piacevolmente divulgativo, una serie di riflessioni dell’adulto di oggi sulla storia di alcune delle parole che hanno dato forma al nostro pensiero.

I diversi momenti narrativi si intrecciano con naturalezza in un discorso limpido ed equilibrato, nel quale il linguaggio ricco e vario, che qui gioca piacevolmente con toni, registri e sonorità, si coniuga con la passione per le parole, dando forma ad un disegno affascinante e ricchissimo.

Questo dunque mi stava chiedendo Pétur: che gli raccontassi dei luoghi e delle storie che in qualche modo hanno popolato il mio passato e fatto di me ciò che sono. Avrei scritto, certo, ma in quale forma e con quali ritmi non lo sapevo. E non ero nemmeno convinto che la scrittura fosse il mezzo più adatto, lo strumento più flessibile. Raccontare i luoghi e le storie: una frase che prese a girarmi dentro con l’insistenza del tempo, l’angoscia di ciò che è sconosciuto e il fascino delle parole. Raccontare i luoghi e le storie. Ma come?

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Fabio Contestabile

 

 

 

 

 

Fabio Contestabile (1954)

Si è laureato in linguistica e letteratura italiane a Zurigo, per poi insegnare in diversi istituti del Cantone. Ha pubblicato raccolte poetiche presso Alla Chiara Fonte (Non c’è che il fluire crescente, 2010; Screziato di metallo il suono, 2013, con traduzione in tedesco a fronte di Marisa Rossi), l’editore Manni (Spazi e tempi, 2011), le Edizioni dell’Ulivo (Con parole semplici, 2007).
Altri suoi testi sono apparsi su riviste letterarie (L’Immaginazione, La Clessidra), nella silloge Sempre, senza misura. Omaggio a Giovanni Orelli, 2013, a cura di Pietro de Marchi e Fabio Pusterla (Edizioni Sottoscala) e nel catalogo della mostra Le carte dei poeti, Pagine d’Arte – MuseoVilla dei Cedri, Bellinzona, 2015.