Attraverso una scrittura che adotta cadenze e modalità del racconto moralista della letteratura araba delle origini – si tratta qui di plot e vicende traslati nell’età dei califfati Abbasidi (VIII-XIII sec.) –  Karahasan ci parla del potere. Sono racconti di complotti, crimini, cadaveri impiccati e galleggianti, corpi che esplodono, decessi inspiegabili. Sulla scena del crimine è all’opera l’emiro della guardia – il superpoliziotto – Gazvan ibn Validi Mudligi.  Luogo del tormento e del possesso dei corpi e delle menti da parte del potere è la fortezza, dominio e regno a gironi infernali di Gazvan.
Brulicano in queste pagine corpi amputati sui tavoli della morgue, congiure, intrighi, casuali punizioni, lotte di potere, assassinî per procura  e tutto opprime e sovrasta un’ampia platea di miserabili, poveri, straccioni, facchini, pescatori, venditori al minuto, gente del bazar.
Introduce il libro e il mondo di Gazvan, l’adab (il racconto-parabola) del ‘destino del topo’; chiude il libro l’adab del ‘destino di Behram’, il massaggiatore che sogna l’età dell’oro.

…nei sotterranei più profondi dove i condannati attendono la morte. Ciascuno è chiuso in una cella speciale, in modo che non possa parlare con nessuno e incatenato con ferri particolarmente pesanti che gli impediscono di muoversi. Credo sia importante e compito di ogni comunità garantire ai propri condannati a morte dieci giorni di silenzio assoluto e di immobilità

Gazvan ibn Valid Mudligi, emiro della guardia

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Karahasan

 

 

 

 

 

Dževad Karahasan (Duvno, 1953) scrittore, saggista, drammaturgo, docente universitario. Vive e insegna a Sarajevo. I suoi racconti sono raccolti in Kraljevske legende (Leggende del re) e Kuća za umorne (Una casa per gli stanchi). I principali saggi in O jeziku i strahu (Della lingua e della paura); la narrativa più organizzata nei titoli Stid nedjeljom (Vergogna domenicale), Istočni divan (Il divano orientale), Sara i Serafina (Sara e Serafina), Šahrijarov prsten (L’anello di Shahriyar). Nel tempo dell’assedio della capitale bosniaca (1992-1996) scrive, con il titolo Dnevnik selidbe (Diario di un trasloco) il testo più significativo della blokada. In italiano: il racconto ‘Unamuno’ in Dizionario del paese che scompare (cura di N. Janigro, manifestolibri, Roma, 1994); Al limite del deserto (Na rubu pustinje) in scena nel 1996 a ‘Il teatro della ombre’ di Piacenza; Sarajevo centro del mondo. Diario di un trasloco (ADV, Lugano, 2012); Il divano orientale (ADV, Lugano, 2015).